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Glass Onion per me ce l'ha fatta

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Non è perfetto quanto il primo capitolo. Ma l'operazione di tramutazione di una cena con delitto in un film è riuscita di nuovo.

Per me Rian Johnson ha toccato il suo apice con The Last Jedi, capitolo 8 della saga di Star Wars. Detto questo, essendomi già alienato almeno il 50 per cento di chi aveva iniziato a leggere queste righe, passiamo al tema di oggi: il sequel del fortunato Knives Out, film che nel 2019 aveva sorpreso un po' tutti grazie a un bel mix di attori e idee vincenti messo in piedi con un budget tutto sommato modesto. Glass Onion parte dallo stesso presupposto, raccontare una cena con delitto calata nella realtà: un gioco di società, una sorta di Cluedo, che però al centro ha un vero omicidio di cui alla fine si scoprirà il vero colpevole. Il risultato è molto differente dal primo capitolo, ma a ben vedere non poteva essere diversamente: di mezzo ci si sono messi una pandemia e Netfix, due fattori piuttosto ingombranti quando si parla di cinema.

Knives Out, capitolo 2

Ricapitoliamo per chi non avesse visto il primo film. Al centro della storia c'è il personaggio interpretato da Daniel Craig, il detective Benoit Blanc, secondo molti il miglior detective al mondo: immaginate un mix di Poirot, Holmes e quasi ogni altro detective di un giallo vecchia scuola, riuniti in un solo personaggio che mescola le loro manie e le loro idiosincrasie. Nel primo capitolo, anche sfruttando un cast sorprendente rispetto al budget di appena 40 milioni, Rian Johnson aveva fatto un piccolo capolavoro: un film equilibrato con parecchi acuti, ben orchestrato, con una fotografia azzeccata e che pur svelando il colpevole sin dal principio riusciva a divertire fino alla fine. Quello che succede spesso, però, è che i sequel non reggano il passo col primo film. Quanti ce ne sono di davvero azzeccati nella storia della celluloide? Forse Terminator 2? L'Impero colpisce ancora e quanti altri? Sull'onda dell'entusiasmo del primo successo, si cerca di sfruttare un concetto già sviscerato: spesso però non c'è la stessa freschezza dell'idea originale, alcuni meccanismi li conosciamo già e sono meno incisivi, oppure più semplicemente tutto il tempo dedicato alla scrittura e alla rifinitura della prima sceneggiatura non c'è per la seconda. Il carico di oltre 400 milioni di dollari che Netflix avrebbe messo sul piatto per assicurarsi questo franchise, poi, deve aver avuto il suo peso in questa circostanza.

Ecco dunque che Johnson prova a ripetere il miracolo: se possibile il cast è ancora più ricco del primo capitolo, senza contare le comparsate che strizzano l'occhio fino all'ultimo agli appassionati del genere. La scenografia è più ricca: un'intera isola greca è il teatro della storia, isola che però finisce per risultare stucchevole e dispersiva, a contrasto con la claustrofobia della villa del primo Knives Out che costringeva gli attori a un palmo l'uno dall'altro nella stessa stanza e ne esaltava il rapporto fisico.

I limiti di Glass Onion

Diciamocelo, Glass Onion non è un brutto film: ti diverte, come il primo dall'inizio alla fine, con una conclusione anche più liberatoria. Ma soffre di due problemi: l'aver voluto caratterizzare allo spasimo il personaggio di Daniel Craig, e l'aver esagerato nell'esplicitare il concetto di "Cluedo al cinema". Non serve ripetercelo, sappiamo di cosa si parla e sappiamo come funziona: milioni di persone hanno giocato a una cena col delitto, milioni hanno visto il primo film, lasciateci in santa pace a goderci le 2 ore di intrattenimento. Ci sono un altro paio di dettagli che faranno storcere il naso ad alcuni appassionati. Il primo è una scrittura non sempre perfetta, che soprattutto pecca nell'aver voluto collocare esattamente nel tempo lo svolgimento nella trama: collegare l'intreccio a un fatto storico (la pandemia e il lockdown, non c'è granché da spoilerare in questo senso), invece che lasciarlo galleggiare in un indefinito presente come nel primo capitolo, è a mio avviso un errore. Così facendo il risultato è meno permanente: il primo Knives Out potrà essere rivisto tra 10 anni e sarà invecchiato decisamente meglio di questo Glass Onion.

Il secondo dettaglio è il cosiddetto "over-acting" di alcuni attori: a mio avviso però è funzionale alla riuscita. Edward Norton è ridicolo dall'inizio alla fine, ma ciò è indispensabile per la resa del suo personaggio e la riuscita del film, e lo stesso vale per quasi ogni altro attore e dramatis persona che si affaccia sullo schermo: Dave Bautista è magnifico nel rappresentare un redneck aspirante influencer, il personaggio è scritto in modo efficace e sebbene sia a tratti ridicolo resta godibile. Insomma, su questo aspetto io ci passo volentieri sopra: anzi, secondo me è uno strumento efficace e usato in modo corretto.

Ci sarà un terzo capitolo?

Il fatto che ora la saga di Knives Out sia nelle mani di Netflix significa due cose: la prima è che, in teoria, esiste già un contratto firmato per il terzo episodio ma, allo stesso tempo, significa anche che come spesso accade Netflix prenderà una decisione basata sui numeri più che sul valore artistico di quanto messo in scena in questo secondo capitolo. Non è impossibile, insomma, che visto quanto visto sullo schermo si possa anche concludere qui la storia di Benoit Blanc: a mio avviso sarebbe un peccato, perché sminuire il risultato complessivo a causa di alcuni limiti del film sarebbe un errore.

D'altra parte, questo pare proprio essere un esempio perfetto di cosa ci aspetta in futuro: sono le piattaforme ad avere per le mani i capitali per le grandi produzioni, ma le piattaforme sono regolate dai numeri. Senza volersi lasciar andare a stucchevoli considerazioni su una sedicente dittatura dell'algoritmo, la verità è che semplicemente è già tramontato il sole sull'era delle spese pazze tanto al chilo: ormai i vari Netflix e Prime Video hanno ottenuto parametri chiari per poter giudicare la riuscita di un prodotto, e le loro scelte si basano sul ROI (ritorno dell'investimento) più che su ambizioni artistiche. Al comando non ci sono più cineasti ansiosi di lasciare un segno nella storia della settima arte, bensì manager che devono rispondere agli azionisti: era già successo alla musica, all'editoria, ora tocca al cinema. Si chiama capitalismo, bellezza.

Se volete dare un'occhiata, su Netflix trovate Glass Onion e pure il primo capitolo di quella che speriamo possa essere davvero almeno una trilogia.

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