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Geist Maschine vol.1 - Inizia la trilogia post-apocalittica di LRNZ

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Geist Maschine è la storie di un mondo sopravvissuto alla catastrofe dal quale emergono ancora le reliquie di una guerra devastante, in questo scenario post-apocalittico tre ragazzi combattono per la sopravvivenza tra le macerie del vecchio mondo e forse la speranza del futuro.

Una cosa che si è resa manifesta con l’ultima Lucca è che un cambiamento del linguaggio fumettistico è in atto già da un po’ e se ci siete arrivati adesso siete dei poveri Veltroni.

Dal comics americano si è preso un po’ tutte le possibili sperimentazioni ed è, alla lunga, quasi ristagnante l’orizzonte occidentale mentre smuove ancora animi e la curiosità guardare ad oriente.

In Italia, questa fascinazione nei confronti del manga è radicata da un po’ nella generazione di professionisti antecedente alla mia che, in un costante lavoro di sintesi e rielaborazione mescola generi, ibrida stili e si rivolge comunque ad un ampio pubblico maturato da anni di fidelizzazione in prodotti consueti per poi assestare colpi micidiali.

La prima che mi viene in mente di queste operazioni è da far risalire ai due volumi di Recchioni e Accardi su Le Storie che avviarono a tutti gli effetti quella che diventerà la serie autonoma "Chanbara".

Lo sperimentalismo inizia con l’essere tematico pur se chiuso nella tradizionale gabbia Bonelli per arrivare a deformarla fino a stravolgere il formato del volume stesso che travalica i bordi del bonellide per permettere alle tavole di respirare, ai disegni di essere ammirati in tutto il loro splendore.

La riflessione sul formato è molto importante, specie in relazione alla sua elasticità, basti pensare ad Attica, la miniserie di Giacono Bevilacqua, letteralmente uno shonen con un cast di personaggi ricavato dalla cultura pop contemporanea in un flusso equilibrato che non sai mai se definire o meno come manga, e lui stesso in una vecchia intervista dichiarò a riguardo che "per me sono tutti fumetti".

E solo dopo pochi mesi dalla pubblicazione del primo volume di Prism, l'opera prima di Matteo De Longis, per i tipi di Bao esce il nuovo lavoro di LRNZ, questo Geist Machine che sta facendo sognare da mesi tutti coloro che hanno le antenne sintonizzate su uno degli autori più peculiari del panorama contemporaneo, a partire dal fatto stesso che la lavorazione di questo volume è passata per il suo canale Twitch, una contemporanea e personalissima "bottega faccia strada" digitale nell'era dello streaming e della condivisione.

La storia prende il la da uno dei topos preferiti da Miyazaki, l'ambientazione post-apocalittica dove emergono le “reliquie del futuro”, per chi ha bisogno di una reference, dalle parti di Conan il ragazzo del futuro e Laputa il castello nel cielo. La Geist Machine del titolo, che tradisce la fascinazione degli orientali per le parole occidentali che qui torna occidentale e chiude il cerchio, è uno dei relitti che emergono del passato immediatamente antecedente la caduta dell’umanità in cui vanno a vivere i tre protagonisti, che rappresentano anche tre approcci umani nei confronti del mondo, cristallizzati nelle loro età. Un relitto sul quale la natura ha preso il sopravvento, come sul resto del pianeta. La benigna idea della Natura che riprende i suoi spazi si è tramutata in una concreta e pericolosa realtà che non lascia possibilità di salvezza a chi si approccia ad essa con ingenuità.

In fase di recensione si è soliti prendere un’opera, scomporla, analizzarla e tirare fuori delle conclusioni da quanto letto e visto.
Applicare questo processo a Geist Machine per me è stata una cosa estremamente difficile, che ha messo a dura prova le mie conoscenze artistiche e tecniche, banalmente perché l’opera di LRNZ è di una bellezza soverchiante.

Non passa un momento che di fronte alla sua bellezza i polsi non tremino, ad ogni punto cercare di trovare un appiglio al quale aggrapparsi e dal quale iniziare a raccontare l’opera per trasmettere le sensazioni che si provano, a trasformare le sensazioni in testo.

Questa costante sensazione di straniamento davanti alle tavole ottunde i sensi.

L’orizzonte disegnato da LRNZ è talmente vasto che pare sbordare dalla pagina a venirti incontro, come una finestra.
La quantità e la qualità di dettagli che affollano ordinatamente le tavole è incredibile.

La luce ha una densità materica inesprimibile a parole, pari solo ad alcuni dei migliori cieli tersi, quando l’aria è limpida e porta con sé l’odore della felicità. È quasi sinestetico ammirare quei cieli ritratti dalla inusitata profondità che è facile immaginarsi l’aria pungente della notte, l’ultimo calore del tramonto.

Contraltare ai cieli e alla luce, l’ombra e lo studiato pattern cromatico della natura che contrasta per l’altra parte il cielo sconfinato.

Dove c’è apertura, dove il cielo è illimitato e non conosce traccia di china o profilo di una forma riconoscibile a compensare c’è la natura, rappresentata tramite spezzate chiuse a comporre un mosaico caotico e imprevedibile.

L’opera di LRNZ si caratterizza per contrapposizioni e stacchi in una poetica di definizione per contrasto.

Similmente al variare caotico della natura che nelle vicende diventa fondale come nei paesaggi lo era il cielo, i personaggi sono definiti dal contrasto con i fondali, a separarli non è quindi solo la monolinea nera ma una differenza materica istantaneamente leggibile dato anche dalla differenza tra la fissità dell’ambiente e la mobilità dei personaggi, la cui caratterizzazione si appropria degli stereotipi miyazakiani in un dinamismo che non fa nulla per nascondere il suo debito con la cultura orientale, come il debito con l'opera del game designer Fumito Ueda.
Per quanto le figure umane appaiono "ferme" le tensioni muscolari, i movimenti sono perfettamente leggibili senza che nessun grafismo di sorta sporchi il disegno, lasciando quell'ulteriore definizione a momenti in cui la quiete è rotta e l'azione esplode.

Continuando a parlare di contrasti, è affascinante il modo in cui i disegni di LRNZ esplodano andando a modificare la struttura ordinaria delle tavole. Così i fondali accuratamente strutturati lasciano il posto al monocromo, le onomatopee vibrano invadendo la scena con il pennello a china secco, i dettagli si perdono per favorire l'azione, senza mai protrarsi all’eccesso, per tornare repentinamente nello stato di quiete del mondo e nella sua natura contemplativa.

E poi ci sono le macchine che per vastità e potenza visiva sono diverse da qualsiasi altra cosa abbiamo visto in tempi recenti, abbracciando (letteralmente) e spingendo al limite sperimentazioni di mecha design razionale nel ricreare le più recenti soluzioni della progettazione robotica.

Un altro discorso da fare sarebbe legato alla resa spaventosamente materiale del mondo costruito da LRNZ, da come luce ed ombra scolpiscano i colori a dare profondità agli ambienti e di come questi siano perfettamente raccontati semplicemente dalle immagini e da come i personaggi si rapportano ad essi.

La post-apocalissi di LRNZ è un luogo (e un tempo) spaventoso, ma non desolante, capace anche di momento di una delicatezza immensa.

Le vicende si svolgono in un contesto quasi intimo tra pochi personaggi a strutturarne i rapporti per poi aprire varchi di discontinuità narrativa inattesa sul passato. Sotto questo punto di vista, la vicenda per quanto gestita come il primo atto di una trilogia, è comunque densa e appagante, non lascia il lettore insoddisfatto in quanto anche questo è correttamente funzionante come racconto in tre atti.

La storia ripercorre tappe estremamente canoniche per il tipo di narrazione che LRNZ ha voluto esplorare ma questo non è un limite o un difetto, è anzi un modo per confrontarsi direttamente con quel tipo di opere, dialogare con queste a viso aperto, instradando il lettore in un falso senso di confort solo per poi spiazzarlo, alternando rappresentazione della natura e del mondo a frammenti onirici disturbanti che accendono nel lettore una curiosità dannata di sapere come prosegue il racconto e di addentrarsi più profondamente nel mondo che si intravede al di là dell'orizzonte tracciato.

Il volume sfornato da Bao è ai vertici della qualità editoriale italiana, la resa cromatica delle tavole è mozzafiato per la densità che si evidenzia sin dalle prima tavole panoramiche.
La scelta della brossura è sensata per non incatenare troppo il volume nell'inamovibilità e permettere un'apertura agile e leggibile anche se privo dello spazio bianco ai bordi. Il peso della carta è pregevole e sembra un prodotto editoriale molto più costoso del suo prezzo di copertina.
A completare il volume, la sottile fascetta di cartone leggero che riporta il titolo dell'opera e alcuni dei loghi ricorrenti all'interno del volume, divertente la scelta del quadrettato di fondo che ricorda per certi versi alcune copertina della Sega che furono.

Volendo dare un giudizio sintetico ad un'opera così complessa e stratificata di cui vi assicuro le mie parole più vanno avanti più mi suonano inadeguate, il primo volume di Geist Maschine è senza se e senza ma il fumetto italiano più bello che potrete leggere quest'anno.
Non ce n'è per nessuno.

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