

Frankenstein Junior e la mostruosa amicizia che lo ha creato
Come nasce un capolavoro? La genesi di una delle commedie più iconiche della storia del cinema raccontata attraverso un fumetto e un'amicizia.
Non per fare le pulci a un autore enorme della commedia americana come Mel Brooks (Balle Spaziali, Mezzogiorno e mezzo di fuoco, Per favore non ammazzate le vecchiette, solo per accennarne alcuni) ma, quando si parla di Frankenstein Jr., mi piace sempre dire due cose: che è uno dei miei film preferiti in assoluto che guardo almeno una volta all’anno da REDACTED anni, e che l’idea per il film non è venuta a Brooks ma al buon Dottor FrankenstIn in persona, quel bellissimo e fragilissimo uomo di Gene Wilder (Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, Il fratello più furbo di Sherlock Holmes, Non guardarmi non ti sento).
Questa è sola una delle curiosità, dei dettagli e degli aneddoti che potete scoprire leggendo Si può fare! Nascita di un sodalizio mostruoso, il fumetto scritto, disegnato, colorato e interpre... inchiostrato da Isabella Di Leo e in uscita in questi giorni per BeccoGiallo. Nessun cavallo è stato maltrattato nella creazione del fumetto. Pare.
Ve la faccio breve: se amate Frankenstein Jr. e leggendo il titolo del fumetto non solo avete sorriso capendo esattamente a quale scena si riferisce ma lo avete pure pronunciato con la cadenza corretta, se vi piace il cinema in generale e magari la commedia in particolare, è il fumetto che fa per voi a cui piace approfondire i vostri argomenti e storie preferite. Perché ci trovate un sacco di dettagli che, anche se siete superfan della pellicola, magari non li conoscete ancora, ma soprattutto li trovate raccontati all’interno di una vera storia e non snocciolati via via come fosse una raccolta di informazioni da studiare per battere tutti al Trivial Pursuit: Mel Brooks Edition.
Se invece non siete fan del film ma siete comunque in cerca di un bel fumetto, beh, siete di nuovo fortunati perché questa è la storia di un’amicizia tra due uomini tanto geniali quanto fragili e pieni di paure che si sono trovati nello strano mondo di Hollywood e la cui somma ha dato vita a un totale maggiore delle parti. Un tipo di storia a metà strada tra lo slice of life, la biopic e la rom-com che non è facilissimo trovare nei nostri lidi librai abituati a generi forse più rigidi e precisi.

Brooklyn - il quartiere in cui nacque Mel Brooks nel 1926 - tavola in bianco e nero in esclusiva per N3rdcore
Di Leo infatti sceglie di mostrare la lavorazione Frankenstein Jr., tecnicamente iniziata durante le riprese di Mezzogiorno e mezzo di Fuoco quando Gene accennò la sua idea a Mel chiedendogli un parere, sfruttandola però non solo per parlare del film, anzi. Il set della pellicola (che in parte era l’originale set del Frankenstesin di Whale) funziona come palco per raccontare in un mix di flashback e tempo presente il modo in cui Mel Brooks ha conosciuto Gene Wilder, in un momento delicatissimo delle loro due rispettive carriere. Da quel primo incontro nascerà dopo parecchi anni la collaborazione per Per favore, non toccate le vecchiette (The Producers in originale) diretto da Mel e con Gene come co-protagonista: primo ruolo importante per Gene, primo lavoro da regista di Mel. Ma soprattutto nascerà un’amicizia durata decenni.
Due anime che si capiscono al volo (ok, più o meno, anche loro come ogni coppia di amici-colleghi che lavorano spesso e molto insieme hanno avuto i loro scazzi, ma capita a tutti) e decidono di scommettere l’uno sull’altro, giocandosi sostanzialmente il tutto per tutto alcuni anni dopo con la creazione di Frankenstein Jr. (che, lo so, dentro di voi c’è una vocina che sta dicendo “SI INTITOLA YOUNG FRANKENSTEIN IN ORIGINALE!” ma che non ascolterò perché io guardo Frankenstein Jr. dall’anno del signore REDACTED e le battute le so a memoria in italiano). Come è andata con il film lo sappiamo, quello che magari non molti conoscono sono le tribolazioni che ci sono state dietro e, soprattutto, dentro ai due autori. Tribolazioni che, però, non vi vado a riassumere perché meritano di essere raccontate da Di Leo con il registro molto personale che ha scelto di usare nel fumetto.

Gene Wilder e Teri Garr ebbero una relazione nata proprio sul set di Frankenstein Jr. - Tavola in bianco e nero in esclusiva per N3rdcore
Un registro che colpisce per il connubio di delicatezza e umorismo che va a pescare dallo stesso calderone della commedia americana di matrice ebraica, come quella di Brooks (quindi sì, delicato, ma pure con momenti di cattivo gusto o quasi che non fa prigionieri), ma che strizza l’occhio all’umorismo italiano della scuola Disney e di Ortolani, senza dimenticare alcune influenze giapponesi. Queste, in particolare, mi pare siano evidenti nel modo in cui l’affetto che i due uomini maschi ed etero dimostrano lungo l’albo, quel tipo di emozioni un pelo melò che il cinema e il fumetto giapponese o coreano non ha problemi a mostrare ma che, troppo spesso, manca nelle narrazioni muscolari e testosteroniche europee e americane in cui ci si dimostra amicizia ruttando birra.
In Si può fare le emozioni, anche quando sono quelle più sfumate e intime, vengono raccontate da Di Leo spesso e volentieri: l’affetto che provano i personaggi tra di loro, il dolore profondo per un rapporto che finisce, la paura di fallire e di non essere abbastanza (forse il sentimento raccontato meglio nell’albo). Tutto, però, senza mai calcare troppo la mano, infarcendo il fumetto di gag a volte basate su fatti e aneddoti capitati davvero, in altri casi inventati o rivisti ma rispettando sempre il carattere dei personaggi-persone che ne sono protagonisti. Mostrando in questo modo di non essere solo una fan dei due ma una narratrice sempre più matura che sa quando mettersi da parte e farli agire in maniera coerente con la loro personalità.

Le dissolvenze che sottolineano in cambi tra presente e flashback aiutano la lettura senza risultare didascaliche, intrecciando passato e presente nel flusso della narrazione.
Se la scrittura è nettamente sopra la media, mi piace sottolineare come Di Leo abbia fatto un balzo in avanti nettissimo nel disegno, nella costruzione della tavola, nella gestione del colore e nella capacità di dare la giusta interpretazione grafica a persone vere. In questo senso è impressionante come sia riuscita a rendere bene su carta le smorfie di Brooks e ancora di più lo sguardo sorridente ma malinconico degli occhi azzurri di Wilder. Una coppia che potrebbe dare vita a uno shipping feroce da parte dei fan. Stesso passo in avanti nella gestione del ritmo del racconto, con un uso non invasivo delle dissolvenze per introdurre i flashback e, in generale, della scansione delle singole gag e dei dialoghi. In caso abbiate letto il precedente volume di Isabella, che si intitola Triplo Guaio, sempre edito da BeccoGiallo, in cui racconta la sua esperienza con il tumore al seno, vi basterà sfogliare Si può fare per vedere il balzo in avanti di cui vi parlo: io posso dirvi un sacco di cose ma le tavole, per come la vedo io, parlano da sole.
Insomma una seconda prova che conferma e rilancia le capacità di Isabella Di Leo e mi fa già attendere con curiosità i suoi prossimi lavori.