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Frank Miller - il cavaliere in chiaroscuro, un libro per raccontare un autore senza compromessi

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Frank Miller - il cavaliere in chiaroscuro è una minuziosa ricostruzione della vita e delle opere di Frank Miller scritta con metodo giornalistico, mettendo in relazione la storia, i fatti di cronaca e le fonti in una ricostruzione quanto più imparziale è possibile.

Frank Miller ha rappresentato per molti lettori di fumetti una via d’accesso alla materia.

Nonostante il moltiplicarsi di storie e personaggi, l’intera industria del comics poggia su alcuni pilastri, eroi che carichi di un valore iconico sono conosciuti anche al di fuori della bolla ristretta degli appassionati di fumetti.

Penso a Spider-Man per la Marvel, a Batman e Superman per la DC Comics: hanno una tradizione cinematografica consolidata, Superman di Richard Donner, il film che ha fatto credere che un uomo potesse volare, è del 1978, se non vogliamo iniziare a contare la sua vita extracartacea dalla serie con George Reves del 1952 e prima ancora agli sceneggiati radiofonici; Batman è in televisione dal 1966 e al cinema dall’89; il film di Spider-man diretto da Sam Raimi quest’anno di anni ne fa 22.

Storicizzazione del logo, personaggi cardine che hanno effettivamente il potenziale di traghettare gli spettatori di un film a diventare lettori di (alcuni) fumetti, favorendo la rigenerazione nel tessuto dei lettori.

Tutto ciò per dire che Frank Miller, avendo scritto Batman Anno Uno, ha fornito ai lettori di qualsiasi genere un triplice punto di accesso, a Batman in primo luogo, una storia sulle origini all’indomani della Crisi sulle terre infinite, piazzata su una serie regolare, al fumetto in generale, perché parte della popolarità del personaggio captata da media esterni e riconvogliata nel fumetto passa sicuramente per una origin story dal tono (contestualmente) maturo e raffinato che si distacca moltissimo dallo stile dei comics della sua generazione rendendola ancora adesso freschissima e godibile, e al suo immaginario, perché è vero che Frank Miller è un autore dal taglio estremamente riconoscibile, ma che quando vuole sa adattarsi perfettamente alle canoniche necessità di una serie regolare, nonostante il tono e le modalità del racconto restino “proprie” (e qui il virgolettato è obbligatorio) cosicché il lettore avvinto non cerchi solo altro “fumetto” ma altro “Miller” con tutto quello che ne consegue.

Di contro Frank Miller (ed Alan Moore) si sono sempre attribuiti un altro merito, anche se è più una colpa che è un merito: trascinare gli eroi a fumetti dalla pagina alla strada. Nel 1986 escono Il ritorno del cavaliere oscuro e Watchmen, due storie che nonostante una straordinaria distanza, soprattutto in termini politici, hanno aperto la pista a tutta ad una vera e propria ristrutturazione del genere supereroistico, battezzando la Dark Age del comics, in virtù della sua lontananza tematica (e cromatica) dalle storie camp degli anni '70, epoca vessata dalle restrizioni della Comic Code Authority contro la quale proprio Miller si batterà per tutta la sua carriera.

A questo livello del racconto sulla figura di Frank Miller entrano diverse questioni, disposte in strati che ne aumentano la complessità.

La prima tra tutte è l’autorialità: adesso è scontato che esistano fumetti d’autore, intesi come opere con un carattere proprio e riconoscibile all’interno della produzione omologata, ma negli anni ’80 non era scontato o automatico che un fumetto diventasse uno specchio personale del sentire di chi lo scrivesse.

Ma appunto, la figura di Miller emerge da un periodo “di crisi”, metaforica e letterale. Gli anni ’80 sono stati un periodo di rigenerazione per il fumetto americano, grazie soprattutto allo straordinario apporto di autori non americani (la cosiddetta Brit Invasion) che hanno introdotto quello che nel fumetto mancava, la critica della realtà, non più storie per bambini chiusi in un mondo astratto e patinato ma nel quale la complessità della realtà iniziasse a strisciare dentro le storie.

Frank Miller è l’uomo della provvidenza, dal momento che tutta la sua opera è votata ad aggiungere un valore critico di contenuti estremamente “divisivi” nelle sue opere. Che poi, divisivi per chi? Quanto è problematico che un autore marcatamente repubblicano scriva fumetti americani? Tutto il concetto di eroe mascherato non è altro che un’emanazione del vigilantismo che storicamente è un concetto estremamente americano, figlio di un liberismo che è da noi è stato spazzato via con la fine dello Statuto Albertino, ma che invece anima ancora la parte più profonda della Costituzione americana e, quindi, per associazione, Batman stesso, come si evince dal seminale Il ritorno del Cavaliere Oscuro, nonostante la critica italiana dell’epoca abbia frainteso il colore della critica sociale insita nell’opera di Miller.

Come mettere ordine quindi nell’opera complessa di un autore complesso come Frank Miller?
Frank Miller – il cavaliere in chiaroscuro di Dario Marchetti arriva all’uopo, specialmente in un momento in cui è estremamente facile fare damnatio memoriae di un autore dal momento che le sue posizioni diventano controverse.

Dario è prima di tutto un giornalista e questa è la forza del suo lavoro.

Il testo di un critico implica un punto di vista che è a favore o contrario alla tesi che si vuole trattare. Dario invece mette in ordine i pezzi, raccoglie informazioni e le mette in chiaro in modo tale che chiunque che legga il libro possa poi trarre le sue conclusioni, e facendo ciò schiva il proiettile dell'apologia di un autore "complicato" per un lettore consapevole e maturo, quando non propriamente controverso (riferendomi ad Holy Terror).

Il lavoro che fa Dario Marchetti è estremamente chiaro: la vita e le opere di Frank Miller messe in strettissima correlazione con gli eventi del mondo del fumetto e inevitabilmente con l'attualità. Non esisterebbe Il ritorno del cavaliere oscuro senza il tasso di criminalità di New York alle stelle durante gli anni '80, una città che somiglia molto da vicino a quella di Taxi Driver di Martin Scorsese.

La splendida run di Daredevil di Miller ha toni innovativi (per l'epoca) da noir perché Miller era un appassionato di narrativa pulp, certo, ma anche perché nella Hell's Kitchen battuta dal Diavolo custode Miller ci viveva; una città che prenderà diverse forme, che somiglia moltissimo anche alla Gotham di Year One, con i suoi anfratti e le sue scale antincendio.

 

C'è un serpeggiante sottofondo di puro postmodernismo che è impossibile escludere dall'opera di Miller che però Dario è molto bravo a vivisezionare per tornare alla radice semantica dei segni di cui Miller si appropria, ed è molto bello seguire le tracce e leggere le storie e le modalità con le quali l'autore da una sua fascinazione ha attinto per elaborare qualcosa che diventa propriamente suo anche quando tutti gli elementi sono stati saccheggiati in un tour mondiale che spazia indifferentemente tra oriente ed occidente, presente e passato.

Ad esempio, nel libro i miei capitoli preferiti sono quelli in cui un Frank Miller nelle vesti di giovane rampante inventava la graphic novel con Ronin e con Il ritorno del cavaliere oscuro, opere che, appunto, sono indiscutibilmente postmoderne e non banalmente "citazioniste": ogni elemento di cui fanno parte non è solamente "rubato" ma scomposto e riadattato per servire lo scopo del suo nuovo autore.

La figura di Miller che esce fuori dalle pagine del libro di Dario è quella di un uomo asservito all'arte e all'impegno politico. Miller ha fatto il fumettista "di mestiere" solo in avvio della sua carriera, in pratica. I numeri che hanno fatto fin da subito le sue opere lo hanno proiettato  nell'olimpo del fumetto: nessuno ha visto arrivare il fenomeno Miller perché banalmente, prima non c'era, e questo suo essere così "repentino" gli ha permesso di far valere il suo peso contrattuale molto presto.

E l'impegno politico per quanto riguarda la proprietà intellettuale di un'opera, battaglia che getta i semi su quella che poi fu la diaspora di un gruppo di autori molto forti e la fondazione de la Image e l'inizio dell'editoria indipendente.

Ma è impossibile parlare di Miller senza esplorare quello che è l'altro lato della parabola (euclidea): l'attentato dell'11 settembre lo lascia traumatizzato, la sua vita ad un apparente punto di non ritorno artistico e politico, la sua svolta verso una destra radicale (pur continuando ad essere fortemente critico nei confronti di Trump, ad esempio) e Dario racconta anche questo, forse meno minuziosamente rispetto alla prima parte della sua carriera, a causa di una mancanze di fonti dirette o indirette endemica, dato il lungo silenzio in cui l'autore si è chiuso ad un certo punto della sua vita, anche a causa di problemi di salute e di dipendenza che l'hanno ridotto l'ombra di quello che era.

Frank Miller - il cavaliere in chiaroscuro è un libro che ci racconta Miller e tutto il mondo nel quale Miller si è mosso ed è uno strumento analitico interessante che sarebbe interessantissimo avere per una grande quantità di autori che non si limitano a scrivere personaggi per altri ma plasmano la materia stessa che trattano, lasciandogli inevitabilmente una parte addosso (esiste un Batman prima e dopo Miller, stesso discorso vale per Devil).
Frank Miller può anche apparire come un ingombrante pretesto per spiegare al lettore cosa è un autore, allo stesso tempo prodotto e interprete dello spirito del tempo.

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