

L'Effetto He-Man è il fumetto da leggere per capire nostalgia e cultura contemporanea
L'effetto He-Man è un'opera fondamentale per sviluppare più consapevolezza sulla cultura contemporanea, senza perdere la meraviglia, ma cercando almeno di capire come siamo arrivati fino a qua e perchè cerchiamo vecchi giocattoli su ebay.
Anni fa mi capitò di avere l’ennesima discussione nostalgica con gente della mia età sui giocattoli di una volta e quelli di oggi. Ovviamente per il mio interlocutore prima erano meglio e oggi facevano schifo. Io mi limitai a ribattere che quando eravamo piccoli cartoni come i Masters o i G.I. Joe non solo facevano schifo, per quello basta rivederli oggi, ma erano fondamentalmente nati solo per venderci giocattoli aggirando le norme pubblicitarie.
Ricordo che il mio interlocutore ebbe un momento di dolorosa epifania e poi passammo oltre.
Qualche giorno fa sono andato in cantina nella casa dei miei genitori e ho passato mezz'ora a scavare negli scatoloni solo perchè non trovavo la Katana di Snake Eyes, il mio G.I. Joe preferito. Questi eventi apparentemente slegati sono invece accomunati dal nostro bisogno di ancorarci alla nostalgia a un certo punto della nostra vita. Perché ci piace, perché la contemporaneità fa schifo, perchè in quel momento non ci va di crescere, perchè ci fa stare bene, per ricordare chi c'era.
E da poco è uscito un fumetto che ci spiega esattamente perchè questa tendenza è legata, spesso, ai nostri vecchi giocattoli d'infanzia.
L’effetto He-Man di Bryan Box è la versione lunga di quella battuta ed è un gran saggio a fumetti. Edito in Italia da Bao, dovrebbe essere messo nelle mani di qualsiasi persona dai 40-anni-circa in giù e dovrebbe girare nelle scuole e università dove si parla di comunicazione e Mass Media. Avevo avuto modo di apprezzare le capacità di sintesi e narrazione di Box con il volume dedicato a Tetris, dove descrive con chiarezza la contorta vicenda dei diritti su uno dei videogiochi più importanti e venduti di sempre, ma qua l’obiettivo è ancora più grande: spiegare la cultura di massa degli anni ’80 e il suo legame col presente.
In un volume bello spesso ma che scorre molto bene, almeno per me che mi cibo di queste informazioni come se fossero un sacchetto di taralli, Box percorre il filo rosso del capitalismo e della comunicazione di massa seguendo le principali scelte e conseguenze di pubblicità, marketing, leggi, politica, influenza e commercializzazione senza perdersi per strada e fornendo a chi legge una panoramica molto chiara non soltanto dei meccanismi commerciali che regolano l’influenza, ma anche quanto sia importante che l’attenzione e la fantasia dei bambini vengano tutelate (e quando invece siano state svendute dagli anni ’80 in poi).
È un’operazione estremamente schietta e sincera che se la prende sorprendentemente larga, visto che parte raccontando la rivoluzione dei mezzi di comunicazione di massa e della propaganda, il loro contributo nel primo conflitto mondiale e l’importanza di questi strumenti nel plasmare gi Stati Uniti degli anni successivi.
Ci mostra anche una figura forse poco nota ai più, ma essenziale per iniziare il percorso: Edward Bernays, uno dei primi spin doctor e pubblicitari americani, inventore non solo di espressioni come “fabbrica del consenso” ma anche uno dei primi a intuire il potere esplosivo che nasce mescolande marketing, società e politica. Nella prima parte del libro spiega chiaramente come per rendere le sigarette un prodotto anche maschile si legò alla campagna sul voto femminile, rendendo la sigaretta una “torcia di libertà” per le donne utilizzando alcune modelle che fumavano in pubblico e si fingevano attiviste. Lo stesso che poi arrivò a organizzare un colpo di stato in Guatemala perchè l'industria delle banane sennò perdeva soldi.
Insomma, quelli che nel 2024 fanno le campagne pubblicitarie ben pagte per la salute mentale (dopo averci spacciato per anni la loro immagine perfetta sui social) o ti vendono la maglietta “feminism is cool” non si sono inventati niente.
Gettate queste basi Box racconta come Disney abbia preso una vecchia fiaba e l’abbia trasformata in un successo mondiale, di come la nostalgia e la voglia di crescere i figli con le nostre stesse emozioni siano state alla base di questo successo per poi fare un corso accelerato di storia della pubblicità fino ad arrivare ai primi giocattoli e alle lotte per evitare che i bambini fossero bombardati di messaggi commerciali fin dalla tenera età.
Una lotta che col tempo è stata persa, grazie anche a Regan, che proprio grazie alla nostalgia era arrivato al potere.
Da qua in poi non si può non parlare di Star Wars, della sua penetrazione nell’immaginario collettivo e nella capacità di diventare subito macchina per gadget e giocattoli. E come abbiamo già raccontato fu proprio l’essersi scottata con Star Wars che spinse la Mattel a creare di sana pianta He-Man e ad aggirare le limitazioni pubblicitarie con cartoni animati, fumetti e messaggi stucchevoli alla fine di ogni puntata.
Se vogliamo chiamarla "Cultura Pop" allora dobbiamo parlare anche di politica
In tutto questo ci viene anche raccontato come per fare sempre più soldi e sempre più velocemente tutti quei giocattoli piano piano vengono spostati in paesi in cui il lavoro costa meno, e lo stesso vale per il lavoro di molti disegnatori. E di come tutto quello che abbiamo visto e vissuto da ragazzi in qualche modo ritorni, sotto altre forme, a volte facendoci arrabbiare perché non è esattamente ciò che volevamo o perché è impossibile rivivere l’emozione vissuta da bambini.
Il risultato è non solo un viaggio all’interno dei meccanismi della memoria e come quei meccanismi vengono usati in chiave commerciale, ma una precisa parabola della cultura popolare moderna e contemporanea, dei suoi indissolubili legami con lo sfruttamento capitalista e con la politica che lo ha permesso e, di riflesso, anche una mappa per capire come siamo arrivati oggi all’esplosione di quelle culture di nicchia, al mercato della nostalgia e a gente che su quella nostalgia ci si è costruita una carriera mentre quaranta e cinquantenni recuperano vecchi master su eBay e nei mercatini.
E per quanto sia abbastanza inquietante vedere spiattellato pagina dopo pagina nello stile estremamente razionale e cartoonesco di Box tutta la tua vita di consumatore, per fortuna Box non scivola nella trappola ipocrita di negare ciò che siamo. Anche lui stesso, in fondo, è un amante dei Master e di Star Wars, anche lui come me, come te, è cresciuto in questo humus culturale.
Inutile interrogarsi su cosa siamo diventati, perché ciò che siamo diventati ormai lo siamo e i moralismi non servono a niente. Anche perché, onestamente, leggendo il libro si capisce che di scelta ne avevamo poca, forse solo se fossimo cresciuti in qualche comunità isolata dal mondo avremmo potuto scamparla. Siamo stati inconsapevolmente le cavie di un esperimento sociale su vastissima scala nato con l’obiettivo di venderci tanti giocattoli e dirigere la nostra immaginazione verso un punto preciso, una narrazione precisa.
Box non ci dice di buttare via i nostri giocattoli, ma ci ricorda, un po’ come spesso facciamo qua, che dovremmo vivere tutto questo con un po’ di consapevolezza e non solo abbracciati al bel tempo che fu.
Forse vivremmo meglio sia la nostalgia che gli adattamenti al sentire presente, ma soprattutto vivremmo in modo più consapevole i trucchetti di marketing di aziende e creator. Certo, il risultato è che oltre a godervi un bel piatto di salsicce alla brace vi viene anche fatto vedere cosa succede al maiale.
Dico questo mentre mi guardo intorno nel mio studio e l’occhio cade sul vecchio cabinato, sul mio primo He-Man, sui G.I.Joe, che comunque hanno fatto parte della mia vita e in qualche modo si legano a ricordi personali. E per quanto io sia consapevole dei meccanismi che mi hanno portato qua, non vuol dire che non possa in qualche modo starci bene.
Non vuol dire che non si possano vivere le nostre passioni anche come oggetti culturali, che poi è quello che sono. Perché alla fine siamo tutti figli e figlie del capitalismo, ma visto che il nostro benessere è figlio di milioni di storture e scelte dall'alto un po' di consapevolezza mi pare il minimo.