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Doctor Strange e il Multiverso della Follia contagiosa per gli spettatori

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Doctor Strange e Scarlet Witch sperimentano che vuol dire vivere in un universo dove Sam Raimi è al comando e il risultato è decisamente buono.

Entrando in sala per vedere un film Marvel sono sicuro avrete visto tutta una serie di particolari tipologie di persone a riempire la sala. Ci sono gli appassionati die hard che sono lì con la loro collezione di fumetti, ma ci sono anche tanti piccoli amatori che vengono per il classico pop-corn movie di scazzottate, umorismo e CGI. Per non parlare delle famiglie, o le famiglie con figli a seguito che vanno a vedere i supereroi e i loro valori, la gloria delle virtù della casa delle idee e le loro storie che molto spesso hanno a che fare proprio con la famiglia, un po’ come Fast & Furious.

Ecco, la famiglia è importante e Doctor Strange nel Multiverso della Follia è decisamente un film che parla di farsi una famiglia, ma quanto compiangerò quei tanti nuclei familiari che, senza saperne nulla, entreranno in sala e sottoporranno i propri pargoli a un film che con gli altri non c’entra assolutamente nulla e probabilmente finirà per essere l’incubo serale capace di far venire nella camera dei genitori tanti fanciulli spaventati, speriamo in un momento adatto. Ma Dio se è bello, questo Multiverso tutto pazzo.

Tranquilli, niente spoiler espliciti da qui in avanti sebbene sia necessario tentare di descrivere alcune scelte narrative e scene per non rendere questo articolo vuoto come le sale di Morbius (troppo presto?) Parlando di sorprese però, la mia speranza è che vi approcciate al film senza aver visto neanche un minuto delle clip e aver gustato al massimo il trailer trasmesso dopo Spider-Man No Way Home, perché di per sé l’intreccio narrativo è un po’ una sorpresa che viene svelata proprio nell’incipit. Non parlerei del livello di segretezza dietro la pellicola dell’Uomo Ragno, piuttosto definirei Doctor Strange nel Multiverso della Follia come una spirale discendente nella pazzia che il titolo descrive, tanto intensa da essere più gustosa se non si conosce l’esatta cronologia dello sfacelo.

Se dovessi usare una parola per descrivere il film direi che è “Distruzione” su più livelli. Distruzione esterna che attiene ai moltissimi scontri magici nella pellicola e allo stato dei luoghi in cui si ritroveranno i protagonisti, interna perché è un film che fa della lotta interiore (e intestina) un perno centrale nella costruzione dei personaggi e delle loro motivazione, e perfino multiversale poiché ormai il contenuto dell’universo cinematografico non basta più. La premessa che vi serve sapere è che una ragazza, la famosa America Chavez, rappresenta un punto d’interesse nel contesto delle realtà alternative e c’è una forza maligna che ha tutta l’intenzione di catturarla per i propri scopi. L’unico che può aiutarla, date le sue conoscenze arcane, è l’ex-stregone mistico che tutti conosciamo.

La figura di Strange nel Multiverso della Follia espande il discorso che già veniva affrontato nel suo episodio su What If, raccontandoci di quello che per lui è necessario fare per assolvere il proprio ruolo e per proteggere quello a cui tiene, sebbene in tutto questo deve anche saper bilanciare gli sforzi nel trovare quello che veramente lo renderebbe felice. Quando hai il peso che ha lui sulle spalle, e le scelte fatte, è facile fare battute sarcastiche e scortare ragazzi ragno nelle loro avventure, ciò che non è facile è fare i conti con le conseguenze delle proprie scelte, dei sacrifici fatti e delle conoscenze che le arti mistiche tramandano. Queste chimere esoteriche di tradizioni e limiti da superare sono ben resi nel film, con tanto di spiegazioni, simbolismi ben precisi e tanto tempo su schermo per mettere in mostra il lavoro superbo nella fotografia e nella creazione degli effetti speciali, sebbene questa nuova avventura di Doctor Strange sia ben più ambiziosa della prima pellicola.

Qui le arti degli stregoni (e streghe) hanno una miriade di tecniche oltre le forme geometriche a cui siamo abituati: evocano, trasmutano, si smaterializzano, interagiscono con l’ambiente in modi nuovi e alla fine sorprendono con tecniche capaci di fondere perfino la musica nella loro esecuzione. Già solo questi sforzi rendono la pellicola una delle esperienze visive più accattivanti dell’MCU, ma come se non bastasse l’opera di Raimi confeziona anche una lunga serie di ambientazioni variegate e alle volte opposte, capaci di mozzare il fiato grazie a una fotografia che fa di alcune inquadrature delle vere e proprie opere d’arte su schermo, dove anche il sonoro si ferma per farvi contemplare ciò che circonda Strange.

La bellezza del Multiverso della Follia, tuttavia, non è da pensare come unico elemento forte del film. Non è una passeggiata tra i vari scenari dove tutto è divertente come la scampagnata di Endgame nelle linee temporali, no qui Sam Raimi impone tutta la sua essenza cinematografica e regala senza dubbio alcuno il film più horror e macabro della Marvel mai creato, capace di inquietare perfino chi ha le papille abituate al sangue e ai jumpscare. Tutto parte dalle inquadrature che sfruttano i primi piani in modo eccellente e alimentando l’animo ansiolitico della suspence, poi arriva la colonna sonora di Danny Elfmann che fa stridere i violini e le chitarre, trasforma gli strumenti musicali da voci suadenti a urla di terrore e sofferenza in un nanosecondo.

Questo Doctor Strange ha a che fare con demoni, magia oscura e minacce ben oltre quelle comuni, è normale che una forza così fortemente collegata alla dimensione esoterica o infernale debba incutere un certo tipo di timore nello spettatore. Nessuno aveva chiesto a Raimi di premere il bottone per l’inferno in terra, ma lui l’ha fatto e presenta in sala la risposta alla domanda “Cosa succede quando nel mondo dei supereroi c’è una potente entità puramente cattiva e dannata?”.

Scarlet Witch diventa l’altro polo dello spettro da cui osservare il lato della follia, esattamente come Strange ha avuto il suo momento in What If, Wanda ha avuto più tempo in Wandavision e quell’esperienza l’ha indubbiamente cambiata, così come ha plasmato i suoi poteri in un certo modo. Il peso e le possibilità offerte da essi possono essere in grado di tirare le redini della vita di qualcuno, di poter essere l’ago della bilancia nel grande piano delle cose. Anche un nulla come uno schiocco di dita, quando si ha tanto potere, può portare a conseguenze di cui poi ci si pente in retrospettiva, lei lo ha visto durante gli eventi di Civil War, ha avuto modo di rifletterci spesso e volentieri quando è stata al centro delle vicende degli Avengers.

Ma è anche una figura che soffre, non ha mai smesso di soffrire a dire il vero, ed è su tale sofferenza che Raimi gioca per caratterizzare una Wanda Maximoff che oserei dire è la più unica vista finora. Non una persona da chiamare per sconfiggere Thanos, non una sorella in pena e ribelle, non un’Avengers intrappolata o una cara moglie: bensì una donna rimasta da sola con sé stessa, con i propri rimorsi e con la voglia di riscattarsi. Wanda è un personaggio eccezionale in Doctor Strange nel Multiverso della Follia, sebbene poi la risoluzione del suo ruolo possa un po’ stonare con quello che film racconta fino a quel punto.

Quello che convince poco, ed è forse l’unico fattore raffazzonato, è la presenza di alcuni elementi messi lì palesemente per l’effetto fan, per fare le reaction su YouTube dalla sala. Il film avrebbe funzionato tranquillamente senza per forza di cose tirare in mezzo robe che non avevano molto senso di esistere se non per creare quell’effetto a cui i film Marvel ormai sembrano non riuscire a rinunciare. Questo andava bene altrove, dove era contestualizzato da una certa narrazione e un affetto pregresso. Qui la mossa era tentare la strada fumettistica dei viaggi multiversali, solo che nel disegnato questo avviene con più organicità, meno aspettativa e meno riguardo per la continuity dei personaggi e dei progetti a venire. Tuttavia, anche qui, Raimi impone la sua mano e ben presto ribalta completamente lo scopo di quella situazione per rimetterlo a suo favore e anzi rimestare nel torbido delle ispirazioni horror, su cui ho notato un certo citazionismo supereroistico a cui non voglio troppo alludere qui nel testo. Ma se avete seguito Amazon Prime di recente, forse tornerà familiare anche a voi.

Però, il colpo di genio, il momento che mi sento di premiare in toto e senza riserva alcuna è la trovata finale che calca completamente nell’animo più oscuro e magico del filone mistico sia di Doctor Strange che di qualsiasi altra scuola della Marvel. Raimi ha trovato infatti il modo letterale, nonché supremo e, penso, imbattibile di fondere l’estetica horror al climax supereroistico, una roba che non definirei raccapricciante ma neanche ispiratrice di virtù: piuttosto è una trovata incredibilmente realistica, credibile e umana da essere ben più logica e naturale di tanti, tanti “poteri dell’amicizia e degli Avengers Uniti” venuti prima di essa. In quei minuti si potrebbe riassumere tutto ciò che c’è di bello in Doctor Strange nel Multiverso della Follia e del suo essere parte della Marvel: ovvero quando non sai se devi gridare dalla contentezza o se essere disgustato ma contento lo stesso.

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