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Di dadi e cyberpunk, intervista a Mike Pondsmith

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Qualche domanda all'uomo che ha sviluppato Cyberpunk 2020, in attesa di vedere come sarà il videogioco sviluppato da CD Projekt

Mike Pondsmith è un nome che potrebbe non dirvi niente se fino a qualche anno fa non eravate particolarmente in fissa col cyberpunk e i giochi di ruolo, in quel caso probabilmente lo conoscete come Maximum Mike. A lui dobbiamo la creazione nel 1988 di Cyberpunk 2013, diventato poi nel 1990 Cyberpunk 2020, GDR pesantemente influenzato dalle ambientazioni di Blade Runner e di Gibson e base per l’ambientazione dell’attesissimo Cyberpunk 2077 di CD Projekt.

Nel corso della sua carriera Pondsmith ha collaborato agli albori dell’industria videoludica, lavorando prima prima come graphic designer e poi come game designer nella CPCC, California Pacific Computer Company, l’azienda che sviluppa i primi giochi di Richard Garriot, tra cui Ultima.

Fin da ragazzo si era interessato al mondo dei game design, la pochezza visiva dei videogiochi dell’epoca e la moda imperante però lo spinsero verso i GDR. Tuttavia, pur affascinato dalle meccaniche di Dungeon & Dragons, i suoi gusti erano più orientati verso la fantascienza. Amava molto un gioco chiamato Traveller, ma non apprezzandone molto il sistema di regole lo modificò, creando il suo primo gioco: Imperial Star. Pondsmith è, insomma, un vero nerd, di quelli che se non trovano ciò che vogliono se lo creano, che sia una fanzine dedicata agli anime, di cui è un avido lettore, o un gioco di ruolo che rispecchi ciò che non riescono a trovare attorno a sé.

Conclusa l’esperienza con la CPCC, Pondsmith lavora alla tipografia dell’Università di Santa Cruz, ed è in quegli anni che, grazie alla possibilità di poter usare la stamperia universitaria, pubblica il suo primo titolo: Mekton, un GDR sui mecha il cui successo lo spinse a creare una sua casa editrice, la Talsorian, con cui poi pubblicherà tutti i suoi giochi.

Per anni Cyberpunk 2020 è stata la principale scelta per chiunque volesse affrontare il mondo dei giochi di ruolo senza impugnare in mano un’ascia, vestire i panni di un bardo o lanciare incantesimi di cura ferite leggero. Era un mondo diverso, estremamente ricco di stile ma anche sporco e cattivo, era il futuro che ci aspettavamo, tradotto in regole, dadi e abilità. Salvo alcune eccezioni, tutto si svolge a Night City, gigantesca megalopoli in cui tutti, dal ricco faccendiere al ladro di innesti altru, si affannano per fottere il prossimo.

Là dove Dungeons & Dragons e succedanei offrivano guerrieri e barbari, Cyberpunk presentava i solitari, mercenari zeppi di droghe da combattimento che si facevano assoldare per una manciata di crediti nei bar peggiori o i nomadi che sopravvivevano nelle distese di arido nulla vicino alle città . Al posto dei bardi ci sono i rocker, i ladri cedono il passo ai ricettatori in grado di rubare e manipolazione informazioni importanti.

La magia diventa tecnologia e offre amplificazione di riflessi, braccia bioniche con artigli da combattimento, ottiche aumentate, sostanze di ogni tipo, pelli artificiali armi intelligenti. Se scorriamo le altre classi le similitudini col fantasy spariscono del tutto con professioni come il tecnico, il corporativo senza scrupoli, il poliziotto, il giornalista e soprattutto il netrunner, ovvero un personaggio praticamente a sé stante che giocava praticamente un altro gioco e che infatti risultava spesso poco usata perché difficile da integrare nelle meccaniche del gruppo (Netrunner poi diventò anche un gioco di carte a sé stante per mano del creatore di Magic, Richard Garfield).

Col tempo il manuale base è stato affiancato da volumi dedicati alle armi aggiuntive, alle varie corporazioni, alle ambientazioni spaziali, vampiresche, in stile Mad Max e così via. Volumi che oggi sono reperibili in formato PDF o con un po’ di fortuna nei mercatini dell’usato a prezzi considerevoli (per questo motivo custodisco le mie copie come fossero reliquie).

Cyberpunk 2020 era il prodotto perfetto per una generazione che qualche anno prima aveva inziato a correre sul filo della lama che separava la fantascienza classica da quella sporca e cattiva, quella che parlava di megacorporazioni senza scrupoli, ghetti al neon e vite iperconnesse. Con le sue illustrazioni spettacolari e retrofuristiche ti trascinava nel suo mondo e per molti fu la porta verso tutta la narrativa di genere o la inevitabile continuazione.

Sfogliare oggi il manuale base è un po' come tornare indietro nel tempo, quando pensavamo che avremmo ancora avuto telefoni con l'antenna, letto i quotidiani e indossato vestiti ricchi di neon e creste anche per andare a lavoro.

Oggi Pondsmith è consulente per Cyberpunk 2077, suo figlio ha lavorato all'adattamento GDR di The Witcher e quasi certamente all'orizzonte c'è una nuova versione di Cyberpunk. In attesa della prevedibile impennata di popolarità che il suo gioco vivrà grazie all’hype generato dal titolo di CD Projekt lo abbiamo contattato per farci quattro chiacchiere.

mike pondsmith

Secondo te perché siamo ancora così ossessionati dal cyberpunk?

Credo sia dovuto al fatto che è un futuro possibile, forse il più possibile tra tutti i futuri che la fantascienza ci ha dato. Possiamo estrapolarne i segni dalle notizie e dagli oggetti che vediamo attorno a noi. Per questo motivo quei racconti e gli avvertimenti contenuti al loro interno sembrano sempre più reali nella vita di tutti i giorni.

Cosa vuol dire per te il termine cyberpunk?

È una fusione di tecnologia e filosofia della strada. La tecnologia è tradizionalmente controllata dalle élite, ma nel cyberpunk i poveri, gli emarginati e coloro che generalmente non hanno il potere possono accedere al potere della tecnologia perché è a basso prezzo e estremamente diffusa. Il Cyberpunk è a tutti gli effetti una ribellione contro le oppressioni social ed economiche. E visto che questo avviene per le strade, nei quartieri e nelle gang porta con sé un sacco di carattere, di stile.

Come si innesca la scintilla di Cyberpunk 2020?

Vidi Blade Runner e pensai che sarebbe stato un favoloso gioco di ruolo e in quel periodo mancava qualcosa che unisse Dungeons & Dragons e la fantascienza. Le premesse tutta via erano troppo deboli, per cui iniziai a espandere l’idea unendo i concetti di tecnologia e subculture metropolitane. Molti pensano che l’influenza di Gibson sia arrivata prima della scrittura del manuale, ma la verità è che il primo libro di genere che ho letto è stato Hardwired di Jon Williams (da noi Guerrieri dell’Interfaccia), che poi ha scritto l’omonima espansione per il gioco. Sono entrato in contatto con Neuromante solo durante la seconda stesura ed è stato uno shock: era come se Gibson avesse letto nella mia testa!

Qual è l’elemento che ancora oggi ti piace di più?

Il modo in cui l’ambientazione reagisce alle normali regole della società. Non è una fantascienza pulita e ordinata tipo quella degli anni ’50. È un futuro incasinato, pericoloso e ribelle. È molto più reale e sensato, anche se alcune idee sono state superate dalla realtà. All’epoca non avevamo idea dei social network.

Qual è la tua filosofia sui giochi di ruolo? Le regole sono tutto oppure no?

Credo che le regole siano molto importanti, perché forniscono una cornice alla storia. Il loro obiettivo è obbligare il giocatore a essere creativo, come ogni limite, perché gli impediscono di controllare al 100% la storia e il suo svolgimento.

cyberpunk

Che ne pensi del nuovo successo dei giochi di ruolo? Te lo aspettavi?

Ho sempre pensato che i giochi di ruolo sarebbero stati qualcosa di grosso, senza tempo. Tutte le volte in cui qualcuno li dà per spacciati mi limito a ridere. Potranno essere più o meno di moda ma sono una delle forme di intrattenimento più interessanti create dall’uomo.

Che stai giocando in questo periodo?

Mi sto concentrando su Pathfinder, Warhammer Fantasy, Star Trek e Star Wars, ma il prossimo della lista è Red Dead Redemption 2.

Guardando al mondo di oggi, cosa cambieresti in Cyberpunk 2020?

Oltre a social network, farei smartphone molto più grandi! In molti risero vedendo i telefoni enormi di Cyberpunk 2020 ma adesso che teniamo in mano queste enormi tavolette chi ha avuto l’ultima risata eh? Eh?

Cosa ne pensi della sua trasformazione in videogioco?

Prima o poi doveva succedere. Per anni c’è stato qualcuno che ne aveva opzionato la produzione, tuttavia non pensavo sarebbe finito nelle mani di un team così talentuoso e visionario!

Qual è stata la tua prima emozione vedendo Night City nel trailer?

“Oh sì, CD Projekt ce l’ha fatta. Hold my smash” (la smash è una droga tipica di Cyberpunk 2020 che ha sostituito la birra)

 

Si ringraziano Nicola DeGobbis e Need Games per l’aiuto nell’organizzare questa intervista.

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