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Decameroom: il Rap come ponte tra l'arte e il cyber futuro in una quarantena distopica

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Vi raccontiamo, insieme a chi l'ha creato, i retroscena di Decameroom: un album di dieci tracce che fonde rap, arte, futuro e quarantena. Largo agli Hell on Mask!

Ci sono quei giorni che sembrano iniziare normalmente, atoni e privi di qualsivoglia stimolo ad alzarsi dal letto oltre i doveri sociali ed economici. In quarantena poi, non è difficile immaginare uno scenario del genere.

Era uno di quei giorni fino a quando non mi si è parata davanti una visione che mai mi sarei aspettato di incontrare, talmente intrigante da avermi catturato nel medesimo istante in cui mi è stata proposta. Di cosa parlo? Che reazione avreste se vi dicessi che alcuni individui si sono riuniti per ricreare un Decamerone tutto moderno - ma che dico, avveniristico - dove il racconto passa attraverso il rap, i generi si mischiano e la sua diffusione è affidata a una penna USB rinchiusa in un cofanetto pregiato?

Decameroom di Hell on Mask è un opera collettiva e avveniristica che unisce rap, illustrazioni e tematiche ultra-geek

E, come se non bastasse, è pure accompagnato da una serie di illustrazioni che prendono opere d'arte classica, le strappa dal loro tempo e le rimodella con nuove visioni tecnologicamente oniriche.

Lettori e lettrici, questo è il Decameroom di Hell On Mask e non a caso il nome richiama una certa figura abbastanza famosa per guardare oltre gli anni luce. Nato da un collettivo di artisti dalla provenienza variegata, questo album è un fulmine a ciel sereno nato dalla voglia di sfondare le pareti da quarantena per dare sfogo all'impulso comunitario, di condivisione e intrattenimento fin troppo vissuto nella solitudine del lockdown. E quale opera migliore se non la coralità di Boccaccio per proiettarci oltre i limiti corporei e riunirci in una digitalità tutta nuova?

Gli artisti coinvolti sono diversi, quanto i generi dei 10 brani provenienti da diversi luoghi ed epoche, capaci di fondere diverse culture e correnti rimanendo comunque fedeli a un motivo di partenza. Tra i nomi del progetto troviamo Egidio Mitideri, Egidio Matinata, Arturo Lauria (Dr. Brain), Joseph Troia (Apostoli), Matteo de Marino (Demarino), Francesco Caricati (Bellettini), Flavio Lauria (KV Lood), Tonfo (Il Cane di Higgs), Massimo Cantisani, Tahnee Rodriguez, Andrea Lauria e infine il collante, Lo Stregone che tutto vede dalla sua essenza mistica eterea.

Questo è il team che ha presentato le proprie idee su Kickstarter, raggiungendo un successo strepitoso che ha portato all'ottenimento immediato dell'obiettivo predisposto e all'incredibile prima posizione tra tutti i progetti musicali (in scala globale) presenti sulla piattaforma.

Il piatto era troppo appetitoso per resistere alla tentazione, specialmente perché questo mese abbiamo una Core Story che in qualche modo omaggia le eccellenze italiane, perciò abbiamo chiesto direttamente ai fabulatori del Decameroom qualche domanda sulla loro creatura. Il risultato, come vedrete, è una visione chiara, creativa e capace di tirare fuori le palle necessarie a rivitalizzare l'esperienza musicale moderna.

Hell on Mask racconta il Decameroom

Innanzitutto complimenti per il successo ottenuto su Kickstarter! Vi aspettavate di ricevere tanto calore e, soprattutto, di raggiungere la prima posizione tra i progetti musicali di tutto il mondo?

HoM: Grazie per i complimenti e per l’intervista. Prima del lancio del crowdfunding c’era una certa dose di ansia, visto che si trattava della prima volta per tutti noi. Ondeggiavamo tra la fiducia in uno zoccolo duro di persone care che ci avrebbero dato una mano, e la paura di essere ignorati, o supportati fino a un certo punto. Una settimana fa, non sapevamo neanche se il progetto potesse piacere a qualcun altro, non avremmo mai immaginato di raggiungere il goal in 24 ore e di doppiarlo in soli cinque giorni. Questo calore ci sta rendendo coscienti del fatto che il progetto ha un suo perché, ma siamo ancora nella fase di smaltimento dell’incredulità.

Il vostro Decameroom nasce come una raccolta di tracce musicali, ma si è poi evoluto in un qualcosa di molto di più, fondendo narrativa, grafica, estetica e album fisico in un’unica esperienza a metà tra il classico e il futuro. Come è nata l’idea di dare questa precisa forma al progetto?

HoM: L’idea è arrivata un passo alla volta. All’inizio doveva essere solo un mixtape di un gruppo più ristretto di amici. Bloccati in casa, autonomamente e inconsapevolmente, abbiamo posto a distanza la base di quello che sarebbe diventato l’album, scrivendo e registrando un paio di canzoni. Quando ce lo siamo detti l’un l’altro, abbiamo pensato “ok, facciamolo tutti insieme”. Così è nato quello che in un primo momento si intitolava “Tutti a casa mixtape”.

La cosa curiosa è che in tutti i pezzi, come un impeto sottocutaneo, c’era l’esigenza di esplorare luoghi e tempi lontani, forse proprio in risposta all’isolamento forzato. Le tracce sono diventate dieci e nel frattempo abbiamo pensato di dare anche un accompagnamento narrativo alle canzoni; all’inizio si trattava davvero di brani introduttivi - addirittura pensavamo di utilizzarli soltanto come testo da accompagnare ai post sui social - ma, di nuovo, la cosa ci è sfuggita di mano, diventando una cornice narrativa che riprende lo schema del Decamerone di Boccaccio e lo lancia in un presente hi-tech semi-distopico. In maniera coerente a questa idea, anche le illustrazioni innestano elementi estranei e moderni in alcuni antichi dipinti.

Rimanendo nella particolarità dell’edizione fisica del Decameroom, è interessante notare come effettivamente l’album non abbia alcun disco. Piuttosto è una pen drive a essere la portatrice dei vostri brani. Senza spoilerarci nulla della narrativa dietro la storia del vostro Decameroom, come avete affrontato (o affronterete) la scelta del supporto USB?

HoM: Le pennette usb sono un’idea arrivata in una fase intermedia del processo creativo, nel momento in cui lo scheletro della storia era completo e l’idea del cofanetto prendeva sempre più forma nella nostra mente. Una volta d’accordo, quello delle pendrive è stato il primo investimento, ancor prima della pianificazione della campagna su Kickstarter. Naturalmente abbiamo pensato ad un oggetto esteticamente accattivante e, dopo una lunga ricerca, siamo riusciti a trovare il modello adatto e a personalizzarlo con il logo del collettivo, tramite un’incisione laser. In questa prima edizione del cofanetto manterremo questa peculiarità. Se le cose dovessero evolvere in qualche maniera imprevista, valuteremo l’opzione di un classico cd, di un vinile o, magari, di un visore.

Come abbiamo avuto modo di sentire con le nostre orecchie grazie ad alcuni brani in anteprima, la diversità dei vari pezzi è abbastanza evidente nonostante ci sia comunque una base comune, sia narrativa che di “genere”. Qual è stato il punto di partenza, se mai ci sia effettivamente, dell’accordo che vi ha unito musicalmente?

HoM: Il Rap è stato il centro di gravità attorno al quale ruota tutto l’album. Lo abbiamo declinato in maniera diversa in base alle atmosfere, alle peculiarità dei diversi brani (e dei tempi e luoghi che rappresentano). Da un lato, interpretare il Boom Bap della traccia “Jurassic Park”, rinfrescandolo con suoni più moderni, oppure declinare il Rap in salsa Latina nella traccia “Un Trago”, è stato abbastanza naturale e intuitivo. Al contrario, codificare la scrittura Rap in chiave Space Ambient sulla traccia ”Contact”, o mescolarla con la trap e il metal del brano ”Blvk”, ha necessitato uno studio più approfondito.

Non c’è davvero bisogno di dire che una delle unicità del vostro Decameroom è senza dubbio la sua presentazione estetica, che prende delle opere d’arte e le trasforma in nuove versioni di loro stesse. Da dov’è che è nata l’idea? Si potrebbe affermare che parte dell’intento visivo sia quello di sfruttare l’attaccamento culturale nostrano alla pittura per “sorprendere” chi guarda la rivisitazione delle opere senza distaccarsi troppo dalla loro familiarità?

HoM: Il lavoro di Francesco Caricati/Sigiu Bellettini è da sempre focalizzato sul giocare con dipinti antichi e stravolgerli, quindi il suo percorso artistico si è intersecato perfettamente con questo progetto che intendeva rielaborare, in modo totalmente libero e contemporaneo, un classico della letteratura.

Proprio perché l’identità di Decameroom passa molto dal suo lato visivo e narrativo, quanto è importante secondo voi accompagnare l’esperienza musicale con un lavoro del genere? Dov’è che esiste un confine tra il semplice ascolto e un qualcosa di più, capace di coinvolgere l’ascoltatore in maniere ben più profonde?

HoM: Non si può costringere un ascoltatore generico a fruire di qualcosa che non lo stimoli. Il problema fondamentale della contemporaneità è la sovrabbondanza di roba di cui si può fruire con un semplice click, o tap, che ci porta a skippare tutto e a rimbalzare qua e là tra miliardi di prodotti che dalla moltitudine risultano banalizzati e appiattiti sullo stesso piano, quello di avatar colorato in un archivio digitale illimitato. Di sicuro strutturare un’opera in questo modo stratificato può incentivare l’ascoltatore curioso ad acquistare il cofanetto, piuttosto che ascoltare in streaming, ed esplorare anche la “sola” musica con più attenzione.

Ad esempio, aver inserito i testi dei brani stampati sul retro di ciascun Artwork credo possa portare alcuni ascoltatori ad addentrarsi maggiormente nell’opera, snocciolandola, trovandone i legami coi racconti e con tutte le parti che la compongono. In tutta onestà, crediamo che tanti ragazzi, in Italia e nel mondo, abbiano fame di cose da esplorare con curiosità piuttosto che da subire passivamente prima di passare ad altro.

La scelta di creare dei racconti per ogni traccia (o viceversa) omaggia chiaramente l’operato di Boccaccio, tuttavia le novelle dell’autore non erano di certo accompagnate da un album musicale. Come si riesce a fondere un testo narrativo con la canzone stessa, considerando soprattutto che parliamo di rap? L’identità da voi immaginata sussisterebbe anche senza uno dei due?

HoM: Le dieci storie seguono il mood, l’anima e il sentimento delle canzoni. Ne sono un’emanazione ma allo stesso tempo sono la cornice che le contiene. Fin da subito abbiamo pensato che i racconti non dovessero essere una replica di ciò che veniva cantato. Il rap e la narrativa sono due tipi di scrittura antitetici. Oltre a seguire inevitabilmente le logiche della ritmica e della metrica (che spesso avvicinano la scrittura rap più alla poesia che alla prosa), la scrittura dei quattro rapper, pur nelle diversità, è accomunata da un forte uso di citazioni che spaziano dal cinema alla cultura pop, e spesso tra un verso e il successivo non c’è sequenzialità ma un accostamento di impressioni.

Questo avrebbe quindi reso impossibile seguire le canzoni pedissequamente nei racconti, con un risultato probabilmente catastrofico, una roba da far mettere le mani nei capelli a William Burroughs e David Lynch … o magari gli sarebbe piaciuto. Le storie hanno un legame con le canzoni, ma viaggiano comunque per conto loro, quindi sì, in un certo senso l’album e la raccolta potrebbero vivere autonomamente.

Alla base della filosofia del Decameroom c’è la condizione in cui tutti stiamo attualmente vivendo, nonostante ora ci siano delle libertà in più. Come è stato creare un intero album a distanza tra elementi di città diverse? Quali sfide ha portato a livello pratico?

HoM: Le difficoltà si sono presentate su un piano puramente tecnico e pratico: strumentazione insufficiente, nessuna sala di registrazione, microfoni semiprofessionali, tempistiche più dilatate. Ma eravamo tutti allineati, partecipi ed esaltati dall’idea e da come le stavamo dando forma. In un certo senso, la distanza è stata la benzina che ha alimentato questo viaggio. Senza di essa, Decameroom non esisterebbe.

Il vostro Decameroom è un viaggio tra più epoche, partendo da un passato remoto fino a un futuro quasi cyberpunk, simboleggiato attraverso la fusione dei due elementi nella cornice delle illustrazioni. In un certo senso l’album stesso, tra presentazione fisica e progetto kickstarter, è un po’ un salto nel futuro digitale. Come vedete il futuro della musica da qui in avanti? Quanto conta il saper creare dei prodotti così transmediali per riuscire a comunicare con i milioni di utenti che ogni giorno scrollano senza preoccupazioni infinite librerie digitali gratuite?

HoM: Inconsapevolmente, passo dopo passo - al netto della bontà della nostra opera che valuterete voi a tempo debito - ci siamo resi conto di avere tra le mani qualcosa di inedito, che potrebbe essere un apripista per un nuovo format editoriale. La possibilità di usufruire di ogni tipo di contenuto in forma digitale impone di ripensare il concetto stesso di prodotto fisico, e forse, anche se nel nostro piccolo, ci siamo avvicinati a questo obiettivo, pensando un prodotto da sfogliare, da ascoltare, da scoprire. Non sappiamo se il futuro della musica sia questo, ma potrebbe essere una strada interessante da imboccare.

Infine, sarà anche scontato chiederlo ma siamo curiosi: se il Decameroom avrà successo, potreste pensare di continuare sulla sua scia producendo nuovi album che abbiano la stessa filosofia di base?

HoM: Il Mago, lo spirito guida del progetto, nonché nostro talismano, in un’altra vita era il fratello gemello di Massimo Cantisani, la voce soul di Hell On Mask. La sua natura camaleontica e misteriosa gli impone di mutare forma di continuo. Attualmente sta attraversando la Cordigliera delle Ande in stato gassoso. Egli ci impedisce, tramite i suoi inconcepibili poteri psichici, di spoilerare le informazioni sul prossimo progetto. Ma ci ha consentito di rivelare che ci confronteremo con un altro classico della letteratura italiana.

Se vi abbiamo convinto con questa chiacchera, di cui ringraziamo i gentili ragazzi di Hell on Mask, potrete supportare il progetto alla sua pagina ufficiale su Kickstarter.

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