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Comet Club, il romanzo grafico di Yi Yang continua a crescere

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L’autrice ci riporta nella vita di Li Yu e Yang Kuaikuai. L’abbiamo incontrata a Lucca 2024, per farci raccontare dove nascono le storie del romanzo di formazione a fumetti edito da BAO

C’è una affascinante continuità tra le opere di Yi Yang che abbiamo letto in questi anni. Assieme a lei stiamo guardando crescere i protagonisti delle sue graphic novel, in un percorso che ci risulta familiare perché riusciamo a identificarci e proiettarci su di loro. Un romanzo di formazione a puntate, disegnato con tratto originale e con un’interessante mescolanza di valori e culture solo apparentemente distanti.

Un percorso che prosegue nel terzo volume di quella che è ormai una saga: Comet Club ci conduce nella ormai abitudinaria quotidianità di Li Yu e Yang Kuaikuai, i ragazzi che erano bambini nel primo Easy Breezy e che avventura dopo avventura stanno crescendo davanti ai nostri occhi. Proprio come in un telefilm del pomeriggio degli anni ‘80 o ‘90, in ogni episodio saranno alle prese con un mistero: questa volta è il mistero della montagna che sovrasta la loro città natale, ma che inevitabilmente li condurrà a capire qualcosa di più di sé stessi, dei loro amici e delle loro famiglie.

La novità di Comet Club è anche questa: la cerchia si allarga, un po’ come era successo in Deep Vacation, e questa volta le cose si faranno più complicate. Ci sono più emozioni in ballo, ci sono età differenti, ma vediamo anche progressivamente mescolarsi e amalgamarsi tra loro le personalità di Li Yu e Yang Kuaikua. Uno diventa più spigliato e sicuro di sé, l’altro ormai ha dovuto imparare a prendersi cura di sé stesso ed essere più responsabile. Gli adulti, beh, quelli restano un po’ meno sullo sfondo della storia: ma continuano a essere un fattore in qualche modo distante, che influenza indirettamente la crescita dei personaggi.

Yi Yang sta anche iniziando a sperimentare sempre di più con la tavola: forse convinta dalla qualità due volumi precedenti, forse semplicemente in perenne e continua trasformazione come qualsiasi altro artista, lo schema rigido viene rotto sempre di più e vediamo il suo tratto originale e la sua scelta dei colori proseguire in modo costante, in un’evoluzione che conduce verso maggiore dinamismo, sperimentazione sul punto di vista con cui i personaggi vengono inquadrati, sempre maggiore ricchezza degli ambienti in cui si muovono.

C’è solo una piccola differenza, rispetto ai due volumi precedenti: sebbene l’autrice continui a raccontare una storia universale in cui chiunque di noi potrebbe riconoscersi, in questo Comet Club il fattore cinese dell’ambientazione si fa leggermente più marcato. È un po’ come se per questo capitolo la bussola puntasse un po’ di più ad est: non si tratta di un passo indietro ma, proprio come dicevamo poc’anzi, di un progresso e di una trasformazione delle scelte espressive e narrative di Yi Yang, che non smorzano la sua capacità di parlare a un pubblico come quello italiano - così come quello di qualsiasi altra cultura cosiddetta “occidentale”.

In occasione del lancio di Comet Club, edito da BAO Publishing, a Lucca 2024 abbiamo avuto l’opportunità di fare quattro chiacchiere con Yi Yang: per cercare di capire qualcosa di più sulla genesi di questo nuovo capitolo e sul futuro della sua produzione.

L'intervista a Yi Yang

N3rdcore: Ho letto i libri precedenti di questa saga, e ci sono due cose che mi hanno colpito in particolare. La prima è uno stile moderno e in qualche modo lontano dal manga tradizionale così come dal prodotto italiano: uno stile in qualche modo del tutto personale.

Yi Yang: Diciamo che lo stile non è proprio una cosa che io abbia scelto del tutto consapevolmente: sono cresciuta in Cina, circondata dal soft-power giapponese e quindi dal manga. In qualche modo è come se fossi stata marinata in quello stile, ed aveva perfettamente senso: poi però mi sono trasferita in Italia quando avevo 18 anni. La mia identità di adulta si è sviluppata qui, in Europa. Le mie due anime si sono incontrate a metà strada, ed è come se la mia esperienza fosse allo stesso tempo distante ma pure vicina a entrambe.

N3: La seconda cosa che mi ha colpito è la scelta dei protagonisti: due ragazzi, ormai un po’ cresciuti, ma due maschi che forse sono lontani dalla tua esperienza personale. Come mai hai scelto questa strada?

YY: Potrebbe essere che non abbia avuto, per così dire, il coraggio di scegliere dei protagonisti femminili per la mia prima esperienza di autrice completa. Per me forse è un ruolo complicato, quello del punto di vista femminile sarebbe un tema più difficile da raccontare. In qualche modo è come se pensassi che debba prima risolvere i miei problemi personali, per poi raccontare di più: per raccontare di ragazzi maschi ci metto più fantasia dentro. Non che sia più semplice farlo. Mi limito a mettere sulla carta quello che percepisco, quello che vedo dall’esterno: forse è un modo più semplice di raccontare, non mi costringe a pensarci troppo col rischio di non finire mai il lavoro.

 N3: I protagonisti della storia stanno crescendo, cambiano le dinamiche con cui interagiscono, si aggiungono le ragazze. È anche un modo per trasformare il modo in cui narri le loro storie? Cambia il tuo modo di raccontare, perché cresci anche tu come autrice insieme a loro? Quasi come se provassi a mettere su carta personaggi più complessi e sfaccettati, come una scrittrice più matura può fare.

YY: Si vedeva già un cambiamento tra le mie due opere precedenti. Con Deep Vacation mi ero avvicinata a un racconto più lento rispetto a Easy Breezy: con Comet Club ho portato sulla carta un argomento ancora più complesso e profondo, un’altra tappa di avvicinamento al mondo adulto. I ragazzi stanno crescendo, non possono più restare al sicuro nel loro campo da gioco: devono affrontare le loro prime crisi di identità, devono affrontare la società, risolvere i problemi in famiglia. Scoprono che i sogni sono diversi dalla realtà: un’esperienza che noi abbiamo già affrontato una volta nella vita, o che stiamo vivendo in questo momento. Raccontando loro, in qualche modo, può aiutare anche me stessa a fare lo stesso.

N3: Un aspetto che mi era molto piaciuto nei volumi precedenti, così come in questo, è l’uso dei colori. Spesso sono usati anche per cercare di esprimere le emozioni: o almeno è quanto ho percepito io durante la lettura. Mi chiedevo se questo uso del colore fosse frutto della tua cultura cinese, visto che lì se ne fa ampio uso anche al cinema?

YY: In realtà i colori li ho scelti per cercare di avvicinare il più possibile il lettore all’ambientazione della storia. Parliamo dei primi anni ‘90, in qualche modo un mondo vintage: ho scelto un colore molto simile ai primi volumi di Dragonball, che parte dalla scala di grigio e poi aggiunge il rosso. Però ovviamente ci ho messo del mio, quando ho aggiunto il mare ad esempio: volevo proprio aggiungere tutti gli elementi possibili per aiutare i lettori a entrare dentro la storia. Per me i colori sono un fattore importante per rendere la storia il più possibile “tridimensionale”: i fumetti, le graphic novel, sono su carta. Hanno qualche limite che provo a superare.

N3: Ultimamente però ho visto che stai sperimentando anche con l’animazione.

YY: Sto cercando di darmi da fare su quanti più fronti possibile per crescere come artista. Sono una fan da 30 anni del genere anime, magari un giorno ne farò uno. Chissà.

N3: Torniamo un momento all’ambientazione. All’inizio per me è stato difficile collocarla nel tempo e nello spazio, poi da qualche particolare ho intuito che non era il presente ma 20 o 30 anni fa. Però non tutto è così chiaro e definito, è come se quei luoghi fossero frutto della tua immaginazione: potrebbe essere la Cina, potrebbe essere il Giappone o pure l’Italia.

YY: In realtà ho preso la mia città natale come principale riferimento, ma come dici tu ho inserito elementi e particolari dei diversi luoghi dove sono cresciuta e ho vissuto. Per esempio, in Deep Vacation: non sono cresciuta in paesino vicino al mare, allora ho aggiunto qualcosa del luogo dove è nata mia nonna. È come se fossero tutte le città della mia memoria messe insieme: è un po’ come un posto che non devi conoscere davvero per capire la storia, e questo mi piace. In questo modo la storia può funzionare in modo universale, non è legata solo al luogo dove avviene.

N3: Mi ha colpito molto la scelta di due ragazzi, che sono di origine asiatica, per cercare di raccontare una storia comprensibile a tutto il pubblico. Ho trovato interessante, a tratti toccante, il modo in cui si modella e si evolve il rapporto tra di loro. Ma mi chiedo: per chi hai scritto queste storie? Per un pubblico di ragazzi o per gli adulti come me?

YY: Ho deciso di scrivere per chi sta attraversando quel periodo - quindi per degli adolescenti - ma anche per chi sente ancora di voler provare quelle emozioni. Perché quando avevamo quella età, la verità è che non avevamo paura di lanciarci in un’avventura: no? Partivamo e basta. Oggi magari il resto della nostra vita - lavoro, mutuo, famiglia - ci fa dimenticare che in realtà abbiamo ancora questa possibilità. Abbiamo ancora la possibilità di fare tutto ciò che vogliamo, non abbiamo perso quel coraggio: magari vuoi far qualcosa ma ti sale la paura, ed è esattamente ciò che ti succedeva da ragazzo. Ma dobbiamo superarla come allora, in un certo senso continuare a essere spensierati come adolescenti.

N3: Io stesso, ogni tanto, mi sento ancora adolescente: non è un problema?

YY: Ognuno ha il suo ritmo, ognuno deve crescere col suo ritmo. Ognuno ha il suo momento. Non dobbiamo farci condizionare dallo standard morale, sociale: non ha senso.

N3: Sono rimasto colpito dalla dedica su questo ultimo libro, Comet Club. È una dedica che fai al tuo paese natale, la Cina, a cui mi pare di capire stai pensando sempre di più: mi hai detto che nei tuoi libri metti tanto della cultura di quel Paese, unito al luogo dove vivi oggi. Ma magari andando avanti a scrivere le avventure di questi ragazzi stai sentendo il bisogno di approfondire di più quegli aspetti della tua vita più legati alla Cina?

YY: Assolutamente sì. A 14 anni mi sono spostata dalla mia città natale e sono andata a vivere vicino Shanghai. Adesso ogni volta che torno in Cina non conosco davvero la mia città: la conosco ancora come una ragazza di 14 anni, la guardo con gli stessi occhi di allora. Nel frattempo, c’è stata l’industrializzazione legata al boom del Paese. La Cina è cambiata tantissimo ma la mia città a me sembra sempre uguale: mi piacerebbe saperne di più, scoprire come vivono adesso rispetto a una volta e capire di più la sua storia.

N3: Forse sarà utile anche a continuare la storia di Comet Club?

YY: Assolutamente sì!

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