BioShock - Distopia in fondo al mar
Bioshock ci porta in un viaggio allucinante nel regno sottomarino di Rapture tra sogni liberisti e vertiginose cadute nel incubo
La formulazione del termine "distopia" ha caratteri nebulosi.
Nell'accezione comune del termine, la distopia è il contrario dell'utopia, nonostante questa sia una definizione insufficiente e superficiale.
Si intende la distopia come un prossimo futuro dove alcuni caratteri dominanti del nostro presente e vivere comune sono stati deformati e portati all'eccesso.
È il significato che ci ha fornito George Orwell nel suo 1984: la società sotto un controllo asfissiante del totalitarismo dove l'individuo è privato della libertà di pensiero.
L'errore, anche se proprio errore non è, sta nel considerare 1984 come un romanzo di fantascienza ma sappiamo bene che l'autore, per sfuggire alle critiche di matrice politica che la sua opera avrebbe potuto attirare, inverte le cifre dell'anno in cui sta scrivendo il romanzo cosicché non rappresenti più una perversione del presente ma un futuro prossimo non auspicabile.
Tanti più feticci tecnologici e mcguffin inserisci in una storia, tanto più la si allontana dal presente.
Ma esiste un'opera di narrativa fantascientifica dove tutto va bene?
Dove tutti sono felici? Non ci sarebbe intreccio, la tensione verrebbe distrutta dall'assenza di conflitto.
In questo modo, tutte le società fantascientifiche descritte dalla narrativa di genere da un certo momento in poi sono distopiche a diversi gradi.
Si salvano da questa etichetta le opere di fantascienza classica positiva a tema esplorazione spaziale dove l'avversità è posta al di fuori della società di partenza, dove il tema centra è la colonizzazione e tutto quello che rappresenta. Ad esempio alcuni possono trovare rassicurante anche il futuro matematicamente predetto dalla psicostoria di Asimov.
Se già pensiamo ad Interstellar che nel tema dell'esplorazione spaziale inserisce un elemento di catastrofismo già mettiamo un piede nella distopia. È una questione di sfumature.
E pure tra le sfumature si scade nel discutibile e nel soggettivo.
Cyberpunk è distopico solo nella misura in cui non vuoi che il tuo corpo venga farcito con impianti cibernetici, ma la cosa diventa auspicabile nel momento in cui un incidentato può tornare alla completa mobilità grazie ad un arto bionico.
O se il pressante controllo politico esercitato dalle multinazionali su scala globale non ci spaventa.
La distopia nel suo significato più inquietante è un'utopia che si realizza.
Cosa c'è di più spaventoso di una società plasmata secondo la volontà di un gruppo di individui che scambia la propria idea per Bene Comune?
La distopia si manifesta nel momento in cui l'utopia si avvera e va a scontrarsi conto il substrato reale della popolazione.
Distopia come contrario di utopia è sillogisticamente sbagliato.
Anche pensare che la nostra sia una società distopica lo è: nessuno ha teorizzato un modello sociale ideale che corrotto ha generato il nostro presente, per quanto nero questo ci possa sembrare.
Dato che il concetto di "distopia" è fondato su basi puramente teoriche (proprio come l'utopia) nel momento in cui si concretizza questa non è più un modello teorico e quindi non è più una distopia.
La realtà non funziona secondo meccaniche narrative.
Rientrano nel genere speculativo insieme all'utopia le Città Ideali.
Le Città Ideali sono composizioni teoriche di insediamenti urbani che si ispirano ad alti ideali di ordine e razionalità.
Ogni epoca ha avuto le sue, anche lì si è andato incontro a diversi gradi di concretezza, man mano che i principi teorici si sono poi tradotti in veri e propri impianti urbanistici.
Da Ippodamo da Mileto in poi.
Il "boom" di questi impianti l'Italia lo ha vissuto con il Rinascimento quando la riscoperta e lo studio critico dell'arte classica e delle sue regole e proporzioni tornarono all'attenzione di artisti e architetti. Come una disposizione ordinata e razionale dello spazio, dei volumi, degli ambienti, la sapiente proporzione tra pubblico e privato, l'alternarsi di piazze e palazzi potesse incidere positivamente sulla società, addirittura elevarla.
Le città divennero veri campi di sperimentazione dove si giocava con le vedute, la disposizioni in pianta di elementi per condurre i flussi di persone a seguire una direzione piuttosto che un'altra, far posare lo sguardo su alcuni elementi piuttosto che altri.
L'obbiettivo era costruire no spazio migliore per costruire una società migliore.
Non a caso il Rinascimento è ancora oggi legittimamente considerato uno dei momenti di massimo splendore per l'umanità.
C'è un legame molto stretto tra società e spazio abitato.
Una società che persiste in un determinato ambiente riesce a modificare lo spazio per il solo fatto di abitarlo. E vicendevolmente come un ambiente riesca a modificare le abitudini delle persone che lo abitano.
Ovviamente non è mai un rapporto biunivoco, ci sono decine di fattori che possono influire il corretto sviluppo di un progetto insediativo, come decine di altri possono sancirne il fallimento. È l'umanità e la sua imprevedibilità, la scintilla della grandezza e della distruzione.
Le periferie italiane e il loro fallimento ne sono un lampante esempio.
Non c'è nessuna ragione progettuale per la quale le Vele di Franz Di Salvo o il Corviale di Mario Fiorentino si siano ridotte a ricettacolo di infinita miseria umana. Se ne potrebbero citare a decine di progetti residenziali urbanistici moderni nati sulla falsariga della Unitè D'Habitation a Marsiglia di Le Corbusier che non si sono necessariamente tradotti in quello che emblematicamente viene raccontato come "la questione" delle periferie. Quando il sogno di una casa per tutti fallisce il problema è sistemico.
In quale Paese c'è posto per gente come me?
Un uomo non ha diritti sul sudore della sua fronte?
"No!" Dice l'Uomo di Washington. "Appartiene ai poveri."
"No!" Dice l'Uomo in Vaticano. "Appartiene a Dio."
"No!" Dice l'Uomo di Mosca. "Appartiene a tutti."
Io rifiuto queste risposte, piuttosto scelgo qualcosa di diverso.
Scelgo l'impossibile.
Scelto Rapture.
Una città in cui un artista non debba temere la censura, dove lo scienziato non sia limitato da ridicoli moralismi, dove il Grande non venga confinato dal piccolo.
E col sudore della vostra fronte Rapture può diventare anche la vostra Città.
La Rapture esplorata nel primo BioShock è una città incredibile.
Rapture è fondata sulle ferme condizioni di Andrew Ryan, il sogno di una civiltà libera dall'oppressione delle autorità politiche e religiose a favore della libera iniziativa dell'individuo che, slegato da confini etici, religiosi o politici, avrebbe potuto dare il meglio delle proprie capacità. Una grottesca parodia del liberismo sfrenato che contraddistinse gli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale, con i piedi saldamente poggiati sull'Oggettivismo, la filosofia postulata da Ayn Rand incorporando capitalismo, razionalismo, egoismo razionale e amenità di sorta.
Una Città Stato adagiata sul fondale dell'oceano Atlantico lontano da tutto e tutti.
Il sogno di libertà e uguaglianza tra cittadini però si infrange contro una schiera di reietti generata come sottoprodotto dalla macchina capitalistica che in preda al malcontento e sconvolta nel corpo e nella mente dai Plamidi si dà alle rivolte e ai saccheggi facendo sprofondare la città nel crimini e nel caos.
Non è un caso che lo stile architettonico di Rapture sia ispirato a quello della New York del Manhattanesimo, nel pieno nel sogno edonistico del boom economico. Edifici a torre a tenuta stagna collegati gli uni agli altri da camminamenti sottomarini vetrati. Il contrasto fortissimo tra meraviglia e stupore per la vista del profilo della città che sembra emergere dal fondale oceanico, come un'Atlantide ritrovata, contro il terrore che assale il giocatore nel ritrovarsi perduto in un ambiente ostile all'uscita della batisfera.
Come muoversi all'interno del relitto del Titanic, una festa improvvisamente interrotta dalla fuga scalmanata di tutti i partecipanti.
Le proporzioni ciclopiche allo stato di rovina diventano un antro minaccioso. L'estetica che fonde l'opulenza dell'art decò e un intestino intrico fatto di tubazioni e valvole.
Il degrado che pasteggia del corpo di un gigante ucciso, la città costellata di malfunzionamenti, sbalzi di pressione, l'acqua che minaccia di invadere gli ambienti da un momento all'altro, un sound design fatto di scricchiolii e passi.
Un monumento alla sconfinata ambizione e alla rovinosa caduta.
Rapture è la distopia che ti accoglie al risveglio del Sogno Americano e che poteva nascere solo dalla distorsione di quegli ideali.